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I PRINCIPI DELLA COMUNICAZIONE VIA INTERNET

del: 12/04/1999

Mirco Sassi

Critiche e variabili della comunicazione tramite computer

La comunicazione personale via computer è nata verso la metà degli anni Settanta, quando la progressiva diffusione degli shared computers (computers ai quali si potevano collegare più utenti per condividerne le risorse) cominciò a dar vita alle prime reti che consentivano relazioni interpersonali mediate da elaboratori.

Questo tipo di comunicazione è stato oggetto principalmente di due critiche, tra loro collegate: la prima relativa alla sua presunta impersonalità, la seconda relativa al fatto che un rapporto mediato dal computer risulterebbe poco gratificante.

Riguardo alla prima critica sono stati fatti studi dallo psicologo J. Short (1979), che ha osservato l’impatto dei diversi media su quella che definisce "social presence", ossia la sensazione di calore e personalità di una comunicazione. Secondo Short i media che eliminano i codici non verbali della comunicazione e non sono interattivi abbasserebbero la social presence. Short con i suoi studi ha potuto effettivamente dimostrare come tutte le comunicazioni mediate perdano personalità se confrontate con la comunicazione faccia a faccia. Ha anche rilevato, però, come sia possibile bilanciare, o per lo meno attenuare, questa debolezza con l’elaborazione di un linguaggio specifico che in Internet può essere, per esempio, quello delle emoticone, che sono visi riprodotti con caratteri ASCII che servono ad esprimere un sentimento.

La seconda critica ha anch’essa origine dal fatto che la conversazione mediata da computer renderebbe più difficile esprimere i sentimenti positivi dei partecipanti, solitamente manifestati con la comunicazione non verbale: questo avrebbe, secondo i critici, un impatto negativo sui risultati della conversazione.

Diversi studi hanno però portato a ritenere che i new media, e Internet in particolare, siano in grado di realizzare un livello di social presence e gratificazione elevato.

Leuthesser e Kholi (1995), nelle loro ricerche, identificano nella "interaction richness" (misurata come il peso della componente di relazione faccia a faccia nella comunicazione totale) una variabile fondamentale nella creazione di un rapporto ottimale. Grazie alle nuove tecnologie, però, le variabili da considerare per giudicare la ricchezza di un tipo di comunicazione non sono più solo la prossimità e la certezza di riferimento, ma anche la pluralità delle fonti e degli accessi alla comunicazione.

Nello studio della qualità dei media si è sempre considerata la pluralità delle fonti come necessaria per la completezza e oggettività delle informazioni. Al riguardo assume importanza, come suggerito da Markus (1987), il concetto di "massa critica": il vantaggio di un utente a partecipare ad una rete di comunicazione di qualsiasi tipo cresce, infatti, più che proporzionalmente al crescere del numero dei partecipanti. In tal senso il potenziale di Internet è evidentemente superiore a quello di qualsiasi altro mezzo di comunicazione attualmente esistente.

Un’ulteriore variabile nella valutazione della ricchezza della comunicazione è introdotta da Morris e Hogan (1996), che propongono di rivedere il concetto di massa critica in termini relativi, cioè adattandolo alle singole situazioni di comunicazione. L’ipotesi che sostengono è che quel che rileva ai fini della ricchezza della comunicazione non è la massa critica di tutta la rete, ma quella dell’ambiente di comunicazione specifico all’interno del quale si svolge l’interazione.

A questi contributi vanno poi aggiunti recenti studi (Parks, 1995) che hanno dimostrato che, più che la qualità della relazione in sé, è il tempo necessario allo sviluppo di un solido rapporto ad influire sulla qualità di una relazione mediata dal computer.

Nel lungo periodo quindi il livello di social presence e la sensazione di certezza dei riferimenti che risultano da una comunicazione in rete non dovrebbero essere influenzati dalla mediazione del computer.

Concludendo, le due critiche presentate in apertura (impersonalità e scarsa gratificazione della computer mediated communication), dovrebbero considerarsi superate: la ricchezza comunicativa che deriva dal vantaggio da massa critica, vantaggio reso possibile dall’interattività di rete, dovrebbe essere già argomento sufficiente a rigettarle.

La psicologia d’uso dei mass media e i suoi riflessi su Internet

La psicologia degli utenti di mezzi di comunicazione di massa è stata oggetto di studio da parte di W. Russel Neuman (1991), che è pervenuto ad una conclusione importante: l’utente di mass media è sostanzialmente passivo, non a causa della tecnologia che sta alla base dei media tradizionali, che consente solo comunicazione da uno a molti, ma perché apprezza la passività, che associa all’idea di relax.

Questo spiegherebbe anche il perché del fallimento di diverse tecnologie di comunicazione interattiva rivolte alla "mass audience"(videodischi interattivi, TV interattiva).

Inoltre, sempre secondo Neuman, la comunicazione passiva non ha solo il pregio del relax, ma ha anche quello dell’efficienza perché permette di associare il consumo di comunicazione ad un diverso utilizzo del tempo.

Questo è possibile attraverso l’attenzione selettiva, ossia una specie di filtro grazie al quale è possibile consumare solo quella parte di comunicazione che interessa, seguendo distrattamente ciò che invece non risulta utile.

Oltre a ciò Neuman ha potuto osservare come spesso l’aspetto informativo e ludico del con sumo dei mass media siano spesso imprescindibilmente legati, in quanto dalla ricerca stessa di informazione si trae gratificazione ludica. Questo aspetto, osservato da Neuman per quanto riguarda la televisione, ha avuto analoghi riscontri in altri studi relativi al consumo di informazione attraverso i giornali.

Interpretando in modo estensivo tali risultati, sembra lecito supporre che gli stessi principi siano validi anche per la Rete.

Da tutto ciò, risulta evidente che restringere la considerazione delle opportunità offerte da Internet alla sola interattività limiterebbe molto le possibilità di una eventuale esperienza sulla Rete.

Internet ha infatti un notevole potenziale di interattività, ma se si considerasse la Rete solo in funzione di questa, se ne restringerebbe l’uso al solo ambito business to business, nel quale si può supporre che il pubblico sia mosso da motivazioni prevalentemente funzionali e predisposto all’interazione. Se invece si vuole allargare l’uso della Rete ai rapporti con il più ampio pubblico consumer (oltre il gruppo dei cosiddetti pionieri), è necessario considerare che questo pubblico apprezza la possibilità di poter interagire, ma non vuole esservi obbligato, perché, come visto prima, questo segmento di audience ha per lo più un approccio alla comunicazione di tipo passivo e ludico, non sempre funzionale.

La letteratura in materia di comunicazione aziendale attribuisce molta importanza alla disponibilità di mezzi diversi a seconda del tipo di relazioni da tenere e degli obiettivi prefissati; tenendo conto di ciò e delle premesse fin qui poste, si può apprezzare la forza d’impatto di Internet, che è capace di cancellare il confine tra comunicazione di massa e interpersonale, tra comunicazione privata e pubblica.

L’integrazione di diversi modelli di comunicazione in Internet

La comunicazione di massa tradizionale prevede che la relazione tra fonte e ricevente sia di tipo one to many, vale a dire tra una fonte ed una audience indistinta.

Ricercatori come McQuail (1989) hanno però obiettato che anche nei media tradizionali, come televisione e giornali, esistono non solo aspetti di comunicazione di massa, ma anche aspetti di comunicazione interpersonale, perché i messaggi standard sono interpretati e rielaborati dal pubblico che in questo modo li personalizza.

Questo però non toglie che il ruolo dell’audience pubblica nei mass media tradizionali sia attivo solo in termini di selezione e interpretazione dei messaggi, rimanendo però passivo per quanto riguarda la costruzione degli ambienti di comunicazione e del contenuto della stessa. L’elemento chiave di novità di Internet colma proprio questa lacuna dei mass media tradizionali: la Rete rende possibile la costruzione collaborativa del processo e dell’ambiente di comunicazione.

In essa è possibile per la prima volta l’integrazione dei modelli di comunicazione interpersonale, di broadcasting (già integrate nella interpretazione di McQuaile) e di rete. Non è dunque stato inventato nessun nuovo modello di comunicazione, ma è ora possibile integrare i vari modelli tradizionali in un unico strumento.

L’integrazione è totale: un semplice sito informativo può ricadere nel one to many (broadcasting), ma se in esso sono disponibili forme di chat o di gruppo di discussione si ricade nel many to many (rete). Se poi è possibile comunicare con il gestore del sito o sfruttare l’interattività di testo, allora si è in ambito one to one (interpersonale).

Ancora: una comunicazione broadcasting, nella quale un messaggio standard viene inviato a un pubblico ampio, può avvenire tanto in modo push quanto pull. Nel primo caso si intende una comunicazione a una via, nella quale un messaggio viene distribuito dalla fonte al ricevente consentendo a questo di rimanere passivo, mentre nel secondo caso il consumo è on demand, quindi presuppone un rapporto a due vie. Lo stesso si può poi dire per quanto riguarda la comunicazione di tipo narrowcasting, nella quale il messaggio è prodotto per ambiti molto ristretti, anche di una sola persona.

Esempi estremi sono l’e-mail, che può rientrare (ma non necessariamente rientra) nell’ambito della comunicazione broadcasting distribuita con tecnologia push, e il personal newspaper erogato sul web, che è narrowcasting distribuito in modalità pull.

(Mirco Sassi)

Tratto dalla tesi "Il ruolo di Internet nei processi di marketing delle imprese"
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